Le stampanti 3D sviluppate dai ricercatori viennesi lavorano secondo il principio della “litografia a due fotoni“. Il loro materiale iniziale non è polvere, ma resina fluida, che viene indurita attraverso raggi laser focalizzati, precisamente nei punti desiderati. La resina contiene molecole attivate dalla luce laser che possono scatenare su altri componenti, i cosiddetti monomeri, una reazione a catena, che indurisce il materiale.
Per attivare questa “molecola iniziatrice” è necessario che due fotoni vengano assorbiti contemporaneamente e questo avviene proprio là dove il raggio laser è estremamente focalizzato. È possibile produrre una linea polimerica indurita con un diametro inferiore a 100 nm, in modo da poter produrre sculture finemente strutturate della grandezza di un granello di sabbia o protesi vascolari in materiale biocompatibile.
Grazie all’elevata velocità oggi raggiunta, in un dato periodo di tempo nascono oggetti molto più grandi di prima, il che rende interessante la tecnica per l’industria. Al Politecnico di Vienna si cercano attualmente resine biocompatibili per applicazioni mediche. La stampante è tuttavia adatta anche per la produzione di componenti precisi per applicazioni biomediche nonché per nanotecnologie.
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